Tra due termini che rimano tra loro, cominciano con la stessa consonante e si riferiscono per di più, per definizione e ambito di applicazione, al medesimo settore, è normale a livello linguistico poter fare un po' di confusione, incappando nel rischio di utilizzarne uno in luogo dell'altro.
Ecco che quindi si può bere un "goccio" d'acqua, ma sentiamo una "goccia" di pioggia cadere sulla testa non appena si preannuncia un temporale, e ovviamente non viceversa, così come possiamo cogliere qualcuno in "flagrante" e non in "fragrante", a meno che il malcapitato colto con le mani nel sacco non si stia accaparrando senza permesso delle gustose brioche appena sfornate.
Non ci riferiamo però qui a simpatici, involontari lapsus o a comici strafalcioni linguistici tipici di un programma di satira in tv, ma a due definizioni concettuali che, seppur strettamente collegate e relative a un unico grande obiettivo finale comune, devono necessariamente essere distinte.
Parliamo infatti sia di Prevenzione che di Protezione antincendio, aspetti cardine nella lotta ai roghi, come due eroine che, una da un lato e l'altra da quello opposto (o potremmo quasi dire, una dal principio e l'altra dalla fine) provvedono ad attaccare il nemico comune su tutta la linea, con un'azione coordinata, non lasciandogli scampo e trionfando in nome del risultato finale più importante, quello della sicurezza.
Prevenzione, sostantivo di origine latina derivato dal verbo "prevenire", indica l'insieme delle misure e degli accorgimenti, sia da un punto di vista tecnico che organizzativo, mirati a ridurre le probabilità, e di conseguenza la possibile frequenza, di scoppio di un incendio e degli effetti collaterali a esso correlati, come possibili esplosioni. Si punta quindi a impedire a priori l'originarsi di un rogo, facendo leva su dispositivi tecnici di sicurezza e su aspetti gestionali che permettano di essere "un passo avanti" rispetto al potenziale divampare delle fiamme.
Per esempio, sia in ambiente domestico che lavorativo, rientrano in questa sfera un'adeguata consapevolezza e attenzione nel maneggiare prodotti infiammabili o nell'evitare l'esposizione di e verso fiamme libere che possono rapidamente divenire incontrollabili. Tutto questo può essere reso possibile anche, naturalmente, da un'adeguata formazione di settore, disponibile tramite i corsi antincendio che, a livello aziendale, risultano ciclicamente obbligatori per tutte le attività lavorative che hanno almeno un dipendente o collaboratore, ogni tre anni dalla data di primo rilascio, sia a livello teorico che con prova pratica di spegnimento tramite estintori.
Per contro, la protezione, anche qui dal latino "protectionis", intesa come l'atto di mettere al riparo di fronte a un pericolo, rimanda inevitabilmente all'azione di difesa e di "contrattacco" adottata per far fronte allo scatenarsi del fuoco, con l'obiettivo di domare le fiamme e limitare il più possibile i danni, a persone, animali e cose, che queste possano causare con il loro imperversare.
Come esempio, l'azionamento di appositi impianti antincendio a disposizione degli utenti, oppure l'utilizzo di idranti ed estintori, rientrano nella categoria delle classiche misure di protezione di fronte alle fiamme.
In questo ambito è bene distinguere anche una duplice natura della protezione in sé.
Si parla infatti di protezione attiva, quando intercorre un'azione manuale da parte dell'uomo, o automatica in determinati impianti e dispositivi, per cui si rileva immediatamente l'incendio, riuscendo a contenerlo ed estinguerlo prima che si sprigioni in tutta la sua violenza nella fase che in lingua inglese prende il nome di "flashover", ossia di "incendio generalizzato".
Una protezione si definisce invece passiva quando contrasta direttamente, attraverso determinati elementi strutturali o schermi, le conseguenze dell'espandersi di un incendio senza alcuna azione supplementare, ma con la sola presenza, appunto "passiva" potremmo dire, di questi elementi. Si tratta per esempio delle porte tagliafuoco, le cui caratteristiche abbiamo descritto nel dettaglio nel nostro articolo dedicato, senza dimenticare altre tipologie di barriere antincendio con elevata resistenza alle fiamme, l'utilizzo in loco di materiali (anche per gli arredi) che vantino anch'essi una considerevole resistenza al fuoco, e il rigoroso rispetto delle distanze di sicurezza, sia a livello interno che esterno.
In merito a questo aspetto, si tratta forse dell'elemento di protezione passiva più immediato, anche se non sempre di facile attuazione. Risulterebbe infatti necessario avere a disposizione ampi spazi, che dovrebbero essere lasciati totalmente "vuoti", del tutto privi di ostacoli. Per sopperire alla scarsa possibilità pratica di utilizzare solo la distanza come misura di protezione passiva ecco che quindi elementi di compartimentazione, come pareti e porte tagliafuoco, costituiscono i metodi più utilizzati per contrastare l'energia termica, cioè il calore, liberato dall'incendio.
Ciò si articola e definisce in base ai valori descritti dalle lettere dell'acronimo francese REI, ossia la stabilità (contrassegnata dalla lettera R, per "résistance"), per indicare la resistenza meccanica di una barriera di fronte alla forza delle fiamme; l'ermeticità ("E" per "étanchéité", ossia la sua tenuta, la capacità di essere impenetrabile e di non permettere dunque a gas tossici e fumi di filtrare attraverso essi; e infine l'isolamento ("I" per "isolement") come dice la parola stessa la capacità della barriera di mantenere isolato l'ambiente che protegge, diminuendo la trasmissione dell'energia termica fino a un certo limite nel tempo espresso in minuti (dal valore minimo 10, passando per i più utilizzati 30, 60, 90 o 120, e fino ai 360 minuti finali, quest'ultimo il valore più alto attualmente disponibile).
Prevenzione e protezione sono dunque due facce della stessa medaglia, entrambe utilissime e irrinunciabili per garantire una sicurezza in toto, a 360 gradi, nei confronti degli incendi.
Certo è che ora sarebbe troppo semplice rimarcare il vecchio adagio "prevenire è meglio che curare"... Potremmo allora dire che "una mela al giorno toglie il medico di torno".
Un concetto differente? Assolutamente no. Anche cambiando le espressioni idiomatiche infatti, resta immutato ad accompagnarci un concetto cardine della lotta agli incendi, che in GEI abbiamo imparato a far proprio e a sottolineare sempre. Ossia quello che un'adeguata preparazione e precauzione, con lo scopo di evitare del tutto il possibile innesco di un incendio risolvendo un potenziale problema alla base (anzi, ancor prima che si verifichi), e i conseguenti danni che a cascata potrebbe provocare, deve essere il primo accorgimento da prendere in considerazione, il primo pensiero su cui focalizzarsi fermamente, per poter essere sempre davvero sotto protezione.
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