Una cena nel tuo ristorante preferito, magari con la tua dolce metà per un anniversario speciale, o un pranzo con la tua famiglia per una ricorrenza, una festività, oppure ancora una spaghettata con gli amici di sempre per festeggiare un compleanno, senza dimenticare la classica pizzata per la rimpatriata con gli ex compagni di classe oppure, perché no, un aperitivo per un lieto evento, relativo alla vita privata o inerente alla sfera lavorativa. Le occasioni sono tante, tutte accomunate dal desiderio di convivialità, degustando buon cibo, il che rende un ristorante (bar, pub e altri possibili punti di ristoro inclusi) il teatro di un momento di condivisione e di gioia, non solo per il palato, da conservare tra i ricordi.
Anche in questo ambito, noi di GEI sottolineiamo che la sicurezza funge sempre da minimo comune denominatore anche per quanto riguarda i luoghi di aggregazione, tempo libero e divertimento, e che quindi anche il settore della ristorazione deve rispettare, minuziosamente e nel dettaglio, tutte le normative di legge in materia antincendio e di sicurezza in generale.
Le cucine commerciali, nelle attività ristorative che tanti di noi frequentano abitualmente, si attestano infatti al primo posto come possibile causa di incendio negli edifici adibiti alla somministrazione di pasti, provocando purtroppo, sulla base dei dati raccolti negli anni recenti, circa un centinaio di feriti su base annuale.
Facciamo subito una doverosa premessa chiarendo che i ristoranti, come i punti in cui vengono serviti cibi e bevande, solitamente, non rientrano tra le attività assoggettate ai controlli di prevenzione incendi ai sensi del D.P.R. 151 del 01 agosto 2011, e di norma vengono generalmente classificate come attività a basso rischio incendio. Vengono dunque considerati location dove non sono presenti generalmente sostanze e materiali infiammabili oppure, qualora lo fossero, non in quantità massiccia, e dove la struttura stessa dell'edificio o del locale non comporta, nelle sue caratteristiche, un livello di rischio considerato allarmante.
Ciò non toglie, naturalmente, che esistono standard da rispettare e normative vigenti a cui ottemperare, per rendere un ambiente di lavoro sicuro e affidabile in tutto e per tutto per il personale che vi opera e, di conseguenza, per gli avventori ospiti del locale.
Come fare? Innanzitutto, quando gli impianti termici sono alimentati a combustibile solido (pensiamo per esempio alla tradizionale pizzeria con forno a legna), liquido oppure gassoso, è necessario valutare la potenza termica della zona cucina di riferimento. Ciascuna cucina commerciale di questa tipologia infatti, sulla base delle caratteristiche dei dispositivi che può vedere installati, vanta un impianto con una potenza termica specifica, distinguibile in tre grandi categorie.
La prima, relativa agli impianti con potenza termica fino a 35 kW, la seconda, da 35 kW a 116 kW e la terza, la più elevata, il che comporta anche un coefficiente di rischio inevitabilmente maggiore, è per quegli impianti con potenza termica superiore a 116 kW, per cui è necessario seguire le apposite procedure utili alla presentazione SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) a seguito di parere favorevole al progetto (per le attività in categoria B o C), un documento per cui abbiamo descritto modalità e caratteristiche nel nostro articolo dedicato.
Il rispetto della regola tecnica di prevenzione incendi di riferimento si estende a varie caratteristiche, fondamentali per una cucina commerciale che possa definirsi "a norma". Per esempio, è necessario che la cucina presenti una o più aperture permanenti ricavate pareti esterne, solitamente protette da una grata, ma che debbano essere libere e mai ostruite, favorendo un continuo ricambio di aria e così la corretta piena aerazione del locale. Si evita così che gas nocivi, pericolosi per il rischio di incendio oltre che per la salute dell'uomo, permangano nell'ambiente fino a depositarsi. Proprio a questo proposito dimensioni e portata delle aperture sono subordinate, quindi direttamente dipendenti, dalla potenza termica in oggetto.
Per quanto concerne gli impianti a gas adoperati per la cottura degli alimenti (la cui normativa di riferimento è la UNI8723/2017), questi possono inoltre venire installati sia nell'apposito locale previsto (quindi specificatamente la zona cucina), in un locale esterno oppure nel locale in cui avviene direttamente la consumazione dei pasti, pensiamo ad esempio ai numerosi ristoranti provvisti di cucina a vista. In tutti e tre i casi il piano di calpestio non deve essere collocato in una posizione ribassata maggiore di 5 metri rispetto al piano di riferimento della sala.
Il locale che ospita questo impianto deve poi necessariamente presentare, a livello strutturale e costruttivo, i requisiti di incombustibilità (classe 0 di reazione al fuoco secondo le norme italiane o classe minima A1 di reazione al fuoco UE) e di compartimentazione antincendio. In riferimento a quest'ultimo aspetto, infatti, come abbiamo descritto nel nostro articolo in materia di porte tagliafuoco, porte e pareti devono presentare una resistenza al fuoco non inferiore a R/REI/EI 120, anche se in strutture con potenza termica fino a 116 kW è sufficiente una resistenza R/REI/EI 60.
Inoltre, almeno una parete del locale corrispondente ad almeno il 15% del perimetro totale della cucina deve essere adiacente ad uno spazio all'aria aperta, oppure ad un'area specifica utilizzata come anticamera per raggiungere l'esterno. Se la zona cucina è collocata direttamente nel locale dove vengono somministrati i pasti, quindi in un'area destinata al pubblico, adibita anche ad eventuali attività musicali e danzanti, la presenza di un elemento architettonico di separazione verticale è necessaria, insieme all'obbligo di aperture di aerazione nel locale.
Anche le cappe, elemento di aspirazione fondamentale nella zona cucina, devono disporre di appositi filtri omologati per smaltire i fumi ed eventuali condense.
La cucina commerciale è poi un luogo di lavoro che tratta cibo, per cui, a norma di legge, è necessario basarsi il più possibile (compatibilmente con la tipologia di prodotti e ricette preparate) sul principio della produzione in un unico senso di marcia, cioè partendo dall'alimento crudo fino a cottura ultimata e all'uscita dello stesso per la consumazione da parte dei clienti.
Oltre a questa norma standard generale, tipica del settore ristorativo soprattutto per quanto riguarda il mantenimento della freschezza e la corretta conservazione dei prodotti, si ricorda che una cucina deve naturalmente rispettare le norme di pulizia e sanificazione previste, tra cui il consueto controllo per evitare la presenza di piccoli ospiti "indesiderati", tra cui funghi infestanti, insetti come blatte e scarafaggi, roditori (su tutti i ratti) e così via.
La zona cucina in qualità di luogo di lavoro dovrà inoltre rispettare le normative generiche per la sicurezza del personale, come la presenza di vie di fuga che favoriscano l'esodo in caso sia di incendio che di altro tipo di emergenza, correttamente segnalate da apposita cartellonistica, una manutenzione periodica e accurata dei dispositivi e degli elettrodomestici presenti, che devono essere efficienti e operativi in totale sicurezza evitando il rischio di rotture, cortocircuiti, presenza di elementi pericolanti o altro.
Pronti dunque a sedervi a tavola in tutta sicurezza? Un ambiente sicuro e a norma infonde a sua volta sicurezza, attendibilità e affidabilità a chi lo frequenta, sia dietro il banco o i fornelli, sia seduti a tavola degustando le specialità della casa.
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